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Eventi / Servizi

Noci - Bacco nelle Gnostre

Noci - Bacco nelle Gnostre

Eventi in Puglia

La Puglia per tutte le Stagioni

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Giunta alla tredicesima edizione, la festa con "Bacco nelle Gnostre vino novello e caldarroste in sagra", rappresenta il momento ideale per gustare il vino novello ed ascoltare buona musica.
La piccola manifestazione del paese di Noci, che coinvolge ogni anno un numero sempre crescente di visitatori, oltre 100.000 nella passata edizione, è diventata punto di riferimento e di valorizzazione del territorio pugliese.


Ormai è un appuntamento fisso e imperdibile, noto per l'accoglienza cordiale che offre ai visitatori, immersi nei piccoli vicoli all'interno del centro storico, dove l'intero borgo antico viene totalmente avvolto dal profumato abbraccio di specialità gastronomiche, musica dal vivo, e assaggi di ottimo vino delle migliori cantine Pugliesi.
Non mancherà "L’Estramurale dei sapori", il percorso di profumi e sapori tradizionali che abbraccia il centro storico, cuore pulsante del paese: e gli stand della gastronomia si alterneranno, come da tradizione, alle mostre, ai mercati artigianali, alle musiche, ai giochi per bambini, alle pizziche e alle tarantelle.
L'evento si terrà da giorno 10 all'11 Novembre.
In alto i calici, si brinda a Bacco!

Putignano in febbraio

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Le origini

È il 1394. La costa pugliese è preda delle scorrerie saracene, i tentativi di assalto si susseguono e la paura dei saccheggi inizia a popolare costantemente gli incubi di abitanti e governatori, al tempo, i Cavalieri di Malta. L’imperativo è uno: proteggere dalle razzie ciò che di più prezioso è custodito nel territorio, partendo dalle reliquie di Santo Stefano Protomartire, fino a quel momento conservate nell’abbazia di Monopoli. Allontanarle dalla costa e spostarle nell’entroterra sembra essere l’unica soluzione possibile: Putignano, perfetta per la sua posizione, viene scelta come meta del trasferimento.

Il 26 dicembre 1394 le reliquie, accompagnate da un corteo sacro, vengono traslate nella chiesa di Santa Maria la Greca, lì, dove tutt’oggi sono ancora custodite.
È in questo momento che la storia si intreccia alla leggenda, il sacro al profano: il racconto, tramandato dalla tradizione orale, vuole che i contadini di Putignano impegnati nell’innesto delle viti con la tecnica della propaggine, al passaggio della processione abbandonassero campi e lavoro per accodarsi festanti al corteo, ballando, cantando e improvvisando versi satirici in vernacolo.
Nasce così la Festa delle Propaggini, quella che da 622 anni ogni 26 dicembre segna l’inizio del Carnevale più lungo di Italia nonché più antico di Europa: il Carnevale di Putignano.

Gli inizi del ‘900

È solo nella prima metà del ‘900 che la maestranza artigianale del paese fa il suo ingresso da protagonista nel Carnevale di Putignano, mettendo arte, passione e competenza a totale disposizione del ludico spasso carnascialesco. Con il tempo, i piccoli carretti sormontati da pupazzi di paglia e stracci, lasciano il posto ai primi carri allegorici dall’anima in ferro e il rivestimento di carta.
La sfilata dei carri richiama l’intero paese e diverte tutti i ceti, il Carnevale, non più appannaggio esclusivo dei contadini, chiama chiunque a buttarsi nella mischia: è la festa di tutti.
Il trionfo della cartapesta si raggiunge negli anni ’50 con l’introduzione di innumerevoli tecniche lavorative; al filo di ferro e alla carta di giornale inizia ad affiancarsi la lavorazione dell’argilla, facilmente reperibile in loco a basso costo.

Riti a Dioniso

Non va certamente dimenticata la teoria di alcuni studiosi, che affonderebbe le radici del Carnevale di Putignano negli ultimi secoli a.C., al tempo in cui la città era colonia della Magna Grecia e frequenti erano i riti propiziatori verso il dio Dioniso. In questo caso, il 1394 rappresenterebbe il passaggio di “cristianizzazione” di una festa pagana già esistente.

I nostri giorni

Dal 26 dicembre al martedì grasso, è un susseguirsi di riti, tradizioni, sfilate e processioni, in un continuo fondersi e alternarsi di sacro e profano. Ne è un esempio il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano e delle Propaggini, così come il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate ma anche inizio degli appuntamenti del carnevale dai ritmi più sfrenati.
Da questo momento l’avvicendarsi delle settimane è segnato dalla centralità dei giovedì: se in passato il giovedì era sinonimo di banchetti e balli in maschera nei sottani del centro storico, i cosiddetti jos’r, oggi è sinonimo di dissacrante satira sociale. Ogni giovedì mira a portare sul palco una storia e un gruppo sociale ben preciso: in un ordine assolutamente immutabile si parte con i Monsignori, per poi continuare con i Preti, le Monache, i Vedovi, i Pazzi (ovvero, i giovani non ancora sposati), le Donne sposate e dulcis in fundo i Cornuti (gli Uomini sposati), in un appuntamento curato dall’Accademia delle Corna, caratterizzato proprio dal goliardico rito del taglio della corna.

Di giovedì in giovedì, di tradizione in tradizione, di carro in carro, si arriva al martedì grasso, giorno di chiusura del Carnevale e del gran finale in notturna. I 365 rintocchi della Campana dei Maccheroni scandiscono ufficialmente la fine dei bagordi e l’inizio della Quaresima.

Castellana Grotte in Gennaio

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LE FANOVE DI CASTELLANA GROTTE: La devozione popolare si intreccia con il folclore.

La sera dell’11 gennaio e per tutta la notte, 61 falò arderanno negli angoli del centro storico, del centro abitato e nelle campagne del territorio castellanese. La notte delle cosiddette “fanove”, illumina e scalda la città delle grotte dal 1691.

La peste bubbonica avanzava e in poche settimane in Castellana si contavano già le prime vittime.

Due sacerdoti, mentre pregavano incessantemente Dio e la Vergine nella notte tra l’11 e il 12 gennaio, ebbero simultaneamente un’ispirazione: la Madonna della Vetrana avrebbe liberato Castellana dalla peste. Il 12 gennaio il miracolo: si vide la peste “camminare più avanti” (abbandonare l’abitato) e molte persone guarire dopo l’applicazione dell’olio miracoloso della lampada.L’evento prodigioso della preservazione del popolo castellanese dal morbo, fu attribuito all’olio della lampada votiva che ardeva davanti all’immagine sacra della Vergine venerata in un’antica chiesetta nelle adiacenze dell’attuale Santuario Maria SS. della Vetrana (il termine è la corruzione di “veterana”, proprio a testimonianza di un antico culto preesistente).

A risparmiare la comunità dal terribile flagello, perciò, si riconobbe l’intercessione della Madonna della Vetrana. Il fatto è documentato anche da schede notarili.

Per evitare l’incedere del contagio, si dette fuoco a tutto ciò che era stato in contatto con il morbo.

I falò assolvono perciò a una duplice funzione: rievocano le suppellettili bruciate in occasione della liberazione dalla peste, ardono in segno di festa ed esultanza.

I festeggiamenti religiosi proseguono il 12 gennaio con la festa patronale in onore della Patrona Maria SS. della Vetrana.

Legata al culto mariano è anche la “diana”. Un folto gruppo di cittadini e devoti, accompagnati dalla banda cittadina che esegue una marcia lenta (detta appunto Diana), compie qualche notte prima dell’11 gennaio il “giro per i frantoi oleari” per rievocare la raccolta dell’olio utile ad alimentare la lampada benedetta.

Le maestose cataste di legna sono realizzate da privati cittadini, associazioni, gruppi, comitati, enti (partecipano anche a un concorso: la mattina dell’11 gennaio, quando sono ancora spenti, un comitato ne esamina la realizzazione).

Ma quella delle fanove rimane soprattutto una festa popolare. Alte decine di metri, richiamano ogni anno migliaia di turisti. La gente che affolla le strade intona il canto mariano Tu sei del popolo letizia e pace. E intorno a ogni fanova si improvvisano musiche e danze popolari, mentre i castellanesi offrono a chiunque si unisca a loro per festeggiare, tipiche golosità contadine: ceci e fave abbrustolite, taralli, frittelle, vino, bruschette e friselle condite con olio rigorosamente extravergine d’oliva e “pomodori appesi”.

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