Blog Turismo
ei sicuramente preso dai preparativi per un’altra estate di fuoco, ma questo non significa che tu o la tua agenzia possiate fare a meno di dare una rinfrescata alla tua SEO prima dei mesi più caldi.
Be’, allora è il momento di tornare a sporcarsi le mani, perché l’algoritmo di Google non si ferma ad attendere i primi freddi per muovere il tuo sito ufficiale in su o in giù nella classifica.
Per aiutarti nel compito, ecco alcuni consigli che ti aiuteranno a dominare le ricerche di Google questa estate.
Parla, non scrivere
È cambiato il modo con cui attingiamo alle informazioni presenti su internet: secondo Google già oggi 1 ricerca su 5 passa attraverso un assistente vocale.
La crescita della ricerca vocale è ancora più impressionante negli States – mentre è facile prevedere che anche anche l’Europa in generale e l’Italia nel particolare seguiranno questo trend – perciò prepariamoci con metadescrizioni che sfoggino keyword long-tail formate da più di 3 parole e contenuti che sfruttino un tono di voce e una forma più colloquiale.
Devi creare contenuti che siano indirizzati a uno specifico intento di ricerca e rispondano, magari letteralmente, a una domanda.
Contenuto davvero utile
L’engagement gioca un ruolo sempre più importante nel posizionamento di un sito su Google, perciò la rilevanza dei contenuti mostrati nelle ricerche è sempre più una discriminante.
I contenuti aggiornati costantemente e approfonditi tendono ad avere risultati migliori su Google; i tempi delle risorse fatte con lo stampino, piene di parole chiave e riesumate da siti vecchi di dieci anni, sono finiti da moltissimo tempo.
È importante ora impegnarsi a produrre contenuti curati, contestualmente corretti, ricchi di informazioni e di contenuti audiovisivi. Questo vuol dire ovviamente più lavoro per te (o per l’agenzia), ma anche la sicurezza di spiccare sulla massa.
Non aver paura di dilungarti
Alcuni studi mostrano come gli articoli più lunghi abbiano più backlink e condivisioni social rispetto a quelli brevi, oltre a mostrare un aumento significativo del tempo di permanenza medio.
Abbiamo tutti fretta, ma quando il materiale è buono siamo disposti a spendere qualche minuto in più a leggere un articolo o a guardare un video. Abbiamo notato, per esempio, come gli articoli con più di 1.500 parole abbiano risultati migliori nel ranking di Google, portando di conseguenza più visite organiche nel tempo.
Video SEO
Secondo Cisco, entro il 2021 i video rappresenteranno l’82% del traffico totale su internet. È insomma questione di poco prima che il formato video sorpassi qualsiasi altra tipologia di contenuto, perciò dobbiamo farci trovare pronti con un’offerta di contenuti video ben girati, prodotti e promossi.
Questo ti permette di presidiare con il tuo brand e la tua offerta anche YouTube, che ad oggi è il secondo motore di ricerca più importante al mondo. Creare buoni video e seguire i principi base della SEO dopo la loro pubblicazione può significare aprirsi a nuove opportunità e nuove tipologie di clienti.
Il potere dei Social
I social media sono un ottimo strumento per la crescita di engagement e, se utilizzato bene, può aiutarti anche a convertire fan in ospiti. Del resto il 46% degli utenti guardano a Facebook, Instagram e YouTube quando si tratta di scegliere un acquisto e il 70% delle imprese rivolte a clienti finali hanno visto crescere la propria clientela grazie a Facebook.
Per questo Google e gli altri motori di ricerca tendono sempre più a premiare nel ranking i contenuti che mostrano un buon livello di engagement su più piattaforme. I like, i retweet, i link social e le condivisioni non sono solo un vezzo, ma una cartina tornasole della desiderabilità dei tuoi contenuti.
Costruisci e cura la tua presenza social con post efficaci e seducenti e poi sfrutta questo nuovo pubblico per portare traffico di qualità sul tuo sito. Non solo ne gioverà la SEO, ma probabilmente porterai qualche bella conversione a casa.
Google Search continua a cambiare
La SERP (“Search Engine Results Page”, più banalmente la pagina dei risultati di ricerca) di Google è cambiata drasticamente negli ultimi due anni. Quando un tuo potenziale ospite inizia una ricerca, non vedrà più solo una lista di risultati in ordine di pertinenza, bensì sarà accolto da un ventaglio di nuove funzionalità che lo distrarranno dal tuo (ottimo) lavoro SEO.
Il knowledge panel, gli snippets, i suddetti AMP e i local packs stanno, volontariamente, distogliendo l’attenzione degli utenti dalla lista dei risultati organici, diminuendo di conseguenza i click sul sito ufficiale.
Per arginare questo problema, è importante lavorare sui dati strutturati, in modo da offrire a Google una serie di informazioni che lo aiutano a contestualizzare le pagine e creare un “Rich Snippet” per i risultati di ricerca. I Rich Snippet possono aumentare il CTR di un risultato del 30%.
Si tratta di un boost più che significativo che richiede sicuramente la tua attenzione. Il sito Schema.org ti aiuterà a farti un’idea più chiara dei dati strutturati.
I costi sostenuti per spostare le prenotazioni sul canale diretto sono marginali o addirittura negativi in termini di revenue per l’hotel.” Questo è quello che sostiene la ETTSA in unno studio appena pubblicato. Un’affermazione forte ma soprattutto molto discutibile.
La European Technology and Travel Services Association (l’associazione degli intermediari) si fa forte di uno studio commissionato a un gruppo di economisti specializzati nel settore, ma la nostra esperienza ci mostra che le prenotazioni dirette nella maggior parte dei casi sono meno costose di quelle indirette.
ETTSA: la disparità tariffaria fa lievitare i costi di marketing
Lo studio della ETTSA arriva alla conclusione che il profitto netto derivante dalla vendita diretta di una camera si attesterebbe su un semplice + 0,03% rispetto a una indiretta. Nello specifico, su una ADR di 112 €, il profitto netto diretto sarebbe di 80,92 €, mentre quello indiretto sarebbe di 80,94 €.
Questo perché mostrare una tariffa più bassa sul canale diretto inciderebbe negativamente sul “billboard effect” delle OTA, cosa che farebbe lievitare i costi del marketing e delle tecnologie necessarie per acquisire visibilità.
Le reazioni allo studio
Le reazioni di molti operatori alle dichiarazioni della ETTSA non hanno tardato ad arrivare. TripTease ha smontato punto per punto le tesi dell’associazione sul suo blog ufficiale.
Lo studio sopravvaluta l’effetto del billboard effect, perché afferma che il 5,35% delle prenotazioni di un hotel sono dovute alla presenza sui portali. Un dato molto difficile da calcolare date le tante variabili in gioco, come molto difficile da calcolare è il costo dell’attività SEO stimato sui 7-10 € a prenotazione
Lo studio immagina solo uno scenario, quello in cui il 100% elle prenotazioni vengono convertite in dirette. Cosa poco realistica, visto che la stragrande maggioranza degli hotel cerca di calibrare un buon mix di canali per ottimizzare l’occupazione. In più si prende come assunto che i clienti fedeli e quelli non fidelizzati siano 50:50, anche questa affermazione è poco realistica.
Lo studio non tiene conto di alcuni fatti reali che hanno un grosso peso, ad esempio non viene scritto da nessuna parte che se le OTA investono in visibilità per la struttura, lo stesso fanno per se stesse, ad esempio su Adwords e sui metasearch, costringendo gli hotel a sostenere spese aggiuntive.
In più, l’ETTSA conclude che la spinta alla prenotazione diretta degli hotel non fa altro che diminuire la trasparenza nei confronti dei consumatori. Un’accusa ingiusta, perché l’hotel ha tutto l’interesse a fa sì che il cliente sappia che cosa acquista.
La nostra opinione: le prenotazioni dirette in media hanno un’incidenza costi dal 2 al 10%
Le prenotazioni dirette non sono gratuite. Lo sappiamo tutti. Perché per ottenerle l’hotel deve investire in visibilità per se stesso.
Dunque se da una parte ci sono le commissioni delle OTA (15-25%), dall’altra ci sono i costi di acquisizione diretta (mantenimento sito ufficiale, web marketing, SEO, costi del booking engine) ecc.
Ma siamo sinceri: i costi di marketing ci sono sempre e comunque, sia che l’hotel venda direttamente che indirettamente. Non è che se le OTA mi danno molta visibilità, posso lasciar andare il sito o togliere il booking engine. Quindi i costi per favorire le prenotazioni dirette si vanno casomai a sommare alle commissioni nel caso delle prenotazioni indirette. Ad esempio, se toglieste il booking engine, che ha un costo fisso annuale, le prenotazioni arriverebbero tutte da canali indiretti… riuscite a immaginare i costi?
Come sapete, QNT ha un punto di vista privilegiato sul panorama delle prenotazioni alberghiere, perché ha Simple Booking, booking engine per hotel utilizzato sia in Italia che all’estero. Possiamo quindi attingere a un’enorme quantità di dati reali e abbiamo calcolato che in media l’incidenza dei costi sostenuti dall’hotel per veicolare prenotazioni dirette è va dal 2 al 10%. Questo tenendo conto del fatto che le cose possono variare molto di caso in caso, a seconda della forza del brand dell’hotel, della sua reputazione, dell’entità dei suoi investimenti di marketing e SEO e dall’ADR.
E anche noi non possiamo che dar ragione a TripTease: è irragionevole e scorretto affermare che gli albergatori vogliano togliere trasparenza al rapporto con il cliente. Specie quando i portali hanno per anni fatto pressioni sugli hotel per mantenere una parity che loro stessi si affrettavano a non rispettare quando gli albergatori giravano le spalle.
L’esperimento che facemmo nel 2015 su 20 hotel nostri clienti mostrava chiaramente che questi hotel, che garantivano tutti la parity, nel 42% dei casi risultavano più economici sulle OTA, perché queste aggiravano la parity con piccoli trucchi dannosi (cambi valuta arbitrari, sconti a tempo in orari notturni e mille altri modi).
L’invalidazione della rate parity in tanti Paesi Europei ha proprio questo scopo: permettere a ciascuno di offrire il prezzo migliore che può e garantire alle persone di poter scegliere ciò che risulta per loro più conveniente. In totale libertà e trasparenza da entrambe le parti.
Airbnb per Hotel: conviene davvero?
22 febbraio 2018
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Abbiamo già parlato del nuovo servizio di Airbnb pensato per gli hotel, ma non ci siamo ancora soffermati su quanto la notizia possa scuotere la distribuzione online fin dalle sue fondamenta.
E non soltanto per le basse commissioni: Airbnb ha intenzione di distribuire l’inventario dell’hotel in un modo unico, offrendo un modello che mischia l’approccio delle agenzie a quello dei grossisti.
Come funziona Airbnb per gli hotel?
Airbnb offre un comodo riassunto in questo documento ufficiale, ma dobbiamo integrarlo analizzando una ricerca di disponibilità di una camera sul portale per farci un’idea più chiara.
Come un’agenzia, anche Airbnb richiede una commissione all’hotel decisamente vantaggiosa, pari nel suo caso al 3% per le tariffe flessibili e del 5% sulle camere vendute con termini di cancellazione rigidi. Le commissioni sono calcolate al netto dell’IVA, al contrario delle OTA che lavorano sempre sul lordo.
La tariffa è mostrata al cliente esattamente come è trasmessa dall’hotel, senza nessun offuscamento da parte di Airbnb.
Se fosse un modello agency puro, la convenienza di Airbnb sarebbe tale da far impallidire l’offerta della concorrenza… ma non lo è. Come detto in apertura, il modello è un ibrido con caratteristiche tutte sue.
Venendo dalla sharing economy, il cliente finale paga prima Airbnb e solo in seconda battuta Airbnb paga l’hotel. Non solo, alla tariffa a notte viene aggiunto un “Costo di servizio” che va dal 5% al 15% e finisce nelle tasche del portale, con l’hotel che non ha alcun potere sulla percentuale prevista né vede un centesimo di questa cifra.
La cosa che rende interessante questo approccio ibrido è la trasparenza di Airbnb verso il cliente finale; l’utente sa bene che sta pagando due entità separate: l’hotel e Airbnb.
Tendendo in considerazione i costi di servizio, mantenere una coerenza tariffaria su tutti i canali compreso Airbnb diventa un caso più complesso da valutare.
Quale tariffa usare su Airbnb?
Se non si vuole offire un servizio poco appetibile su Airbnb, è importante non trasmettere gli stessi prezzi rispetto agli altri canali, altrimenti con i costi di servizio Airbnb andrebbe fuori prezzo.
Se si considerano i Costi di Servizio e le basse commissioni al netto di Airbnb, le tariffe dovrebbero essere ridotte di una percentuale pari al service fee.
L’unico problema che il modello Airbnb pone nel mantenimento di una coerenza tariffaria è l’aleatorietà dei Costi di Servizio il cui calcolo in percentuale sulla tariffa non è spiegato né pare essere prevedibile.
Conviene più vendere sulle OTA o su Airbnb?
Una distribuzione sana non può prescindere da una presenza capillare su tutti i canali, specialmente quelli con una copertura globale come Booking ed Expedia, ma è interessante farsi un’idea di quale piattaforma di distribuzione porti entrate nette superiori.
Un semplice modello fatto da Mirai mostra come le entrate nette per gli hotel con una tariffa tipo di 100 € vedano Airbnb in vantaggio sulle altre OTA, ma banalmente dietro alle prenotazioni dirette.
Oltre a questo, è importante ricordare come Airbnb non applichi per ora sconti lineari sulle tariffe con piani come Genius o i pacchetti volo-hotel, di fatto proteggendo la struttura dall’erosione del proprio ADR e un controllo reale e costante delle proprie tariffe. Una tariffa più bassa su Airbnb potrebbe nel lungo termine portare comunque un netto all’hotel più alto.
Conclusione
Airbnb, da “nemico” degli hotel, potrebbe diventare alleato dell’hotellerie verso una riduzione dei costi di distribuzione e un costo dei servizi terzi a carico dell’utente finale e non dell’hotel.
Dietro le tante novità del 2018, forse è proprio il colosso dell’home sharing a diventare la vera “disruption” del settore travel.
Non solo TripAdvisor: la reputazione del tuo hotel passa anche da Google
L’importanza delle recensioni sulla reputazione online di un hotel non ha bisogno di particolari introduzioni. Possiamo chiederci, però, quanto lo sia.
Secondo una ricerca di BrightLocal, l’85% degli ospiti crede alle recensioni online esattamente quanto delle raccomandazioni fatte da amici e familiari.
Questo dato aggregato è solo uno dei risultati dello studio svolto sulla reputation di più di 50.000 imprese negli Stati Uniti, basato sulle recensioni online raccolte dal 2012 al 2017 e suddivise per piattaforma.
Guardando i dati sotto forma di grafici, l’ascesa di Google è a dir poco impressionante.
La crescita straordinaria di Google
Gli sforzi di Google negli ultimi anni per entrare nel campo delle recensioni “local” ha dato i suoi frutti: la crescita nel numero di recensioni annuali è stata ai limiti dell’esponenziale.
Dal 2013 al 2014, il numero di recensioni è cresciuto dell’80% mentre l’anno successivo del 114%. Nel 2016 BrightLocal ha registrato un aumento del 278% su base annuale.
La ricerca ha ipotizzato tre motivi dietro questo fenomeno:
Google possiede il motore di ricerca per eccellenza, perciò chiunque cerchi un’impresa locale ha l’opzione di lasciare una recensione direttamente dal SERP;
l’integrazione nativa di Google su Android ha permesso all’azienda di mostrare le review di Google My Business a milioni di utenti su smartphone ogni giorno;
Google spinge attivamente i propri utenti a scrivere recensioni aumentando notevolmente le notifiche sugli smartphone dopo la visita in un hotel.
Google non offre la piattaforma di recensioni online più numericamente fornita, ma di sicuro quella più visibile. Per questo motivo molte imprese stanno spingendo sempre di più i propri clienti a lasciare un feedback su Google rispetto ad altre piattaforme, con i risultati che possiamo vedere anche qua sotto.
Vedendo questo grafico, la spinta di Google a partire dalla metà del 2016 è evidente, con un’ulteriore balzo in alto nel secondo trimestre 2017. Magari l’attuale ubiquità delle recensioni su Google rallenterà la crescita della piattaforma, ma attualmente i dati non sembrano corroborare questa ipotesi.
Facebook si riprende dalla crisi delle review
Google non è l’unica piattaforma ad aver visto una crescita significativa nel numero di recensioni. Facebook ha aumentato il volume di review in maniera non dissimile, incoraggiando gli utenti a registrare la propria posizione sulla piattaforma appena entrati in hotel e richiedendo una recensione subito dopo.
Facebook è stata fino al 2014 il leader nella crescita di recensioni, ma poi ha subito un evidente rallentamento che è durato fino al terzo trimestre 2016. La posizione sempre meno prominente delle bacheche delle pagine nell’esperienza di navigazione su Facebook aveva penalizzato le review, passate in secondo piano.
Con i giusti correttivi, però, Facebook ha visto il 71% di recensioni in più nel 2016 rispetto al 2015, con i risultati del 2017 che sono ancora più notevoli.
TripAdvisor è sempre TripAdvisor
Google e Facebook sono sicuramente cresciuti come piattaforme per la reputazione online di un hotel, ma ciò non vuol dire che TripAdvisor non sia ancora il re del settore. E con ampio, ampissimo margine.
Ogni hotel ha una media di 47,5 nuove recensioni l’anno su TripAdvisor, ben tre volte superiori a quelle ricevute in media su Google My Business.
Nonostante i progressi fatti dalla concorrenza, TripAdvisor rimane il primo barometro della reputazione online di un hotel.
Personalizzare è sempre uno degli imperativi in hotel. E sono abbastanza certo che lo rimarrà per molto tempo a venire.
Oggi i viaggi, allo stesso modo degli hotel, rischiano la cosiddetta “commoditization”. Tutto volge verso l’appiattimento dei servizi, dei costi, dell’estetica. E le esperienze di viaggio sembrano sempre più seguire un copione pieno di banalità da cartolina, che è il motivo per cui le esperienze di Airbnb stanno avendo una tale presa sul pubblico.
Per questo vi offriamo 8 spunti per fare in modo che il soggiorno dei vostri ospiti non finisca per essere uno dei soliti tour.
1 – Email personalizzate
Con tutto questo turbinare di tecnologie e nuove frontiere per il travel online, alcune volte rischiamo di dimenticarci le basi, come una solida e strutturata strategia di email marketing. Se volete che le vostre e-mail non vengano cestinate al primo colpo, devono portare contenuti utili e piacevoli, che stuzzichino la curiosità degli ospiti. A seconda della lingua e della tipologia degli ospiti prima del soggiorno potete inviare informazioni utili per conoscere il territorio, orari e consigli pratici. Ad esempio come vestire a seconda del meteo, dove parcheggiare o come raggiungere il centro. Potete anche inviare una email durante il soggiorno degli ospiti, calibrando i contenuti in base alle informazioni che siete riusciti a raccogliere per ciascuno di loro. Se ad esempio avete una coppia di giovani sposi, perché non indicare i migliori ristoranti romantici?
2 – Sondaggio pre-arrivo
Il San Firenze Suites, una prestigiosa residenza d’epoca in centro a Firenze, è solita inviare dei piccoli questionari per email ai clienti prima del loro arrivo in struttura. In questo modo è come se si instaurasse fin da subito un rapporto di fiducia con lo staff. I clienti apprezzano questo contatto perché sanno che in questo modo, una volta arrivati in hotel, avranno a disposizione tutto ciò che vogliono. Ci sono strutture che chiedono semplicemente il motivo della visita. Altre invece vogliono conoscere il cuscino preferito, la fragranza della stanza e la temperatura più gradita. I livelli di personalizzazione possono variare su larga scala, ma potete stare certi che più informazioni saprete in anticipo più farete felici gli ospiti.
3 – CRM
In Italia finalmente molti hotel indipendenti iniziano a utilizzare un CRM (Customer Relationship Management). Rimane uno degli strumenti migliori per personalizzare il soggiorno dell’ospite perché permette di tracciare qualsiasi informazione riguardante i clienti, che poi lo staff può utilizzare per migliorare il servizio, per stupire il cliente ma anche per fare azioni di marketing altamente targettizzate. Ad esempio, a seconda del motivo per cui il cliente è da voi, potete predisporre un “kit di benvenuto” con cose utili al suo soggiorno. Se è in viaggio di piacere potete fargli trovare in camera mappe e itinerari personalizzati. Se invece viene con la famiglia potete predisporre qualche caramella per i bambini e dei dvd da guardare nel tempo libero. Se invece è un cliente abituale e conoscete le sue preferenze, viziatelo quanto volete anticipando tutte le sue richieste.
4 – Dynamic Packaging
Date ai vostri clienti la possibilità di personalizzare il soggiorno in modo autonomo fin dalla prenotazione sul sito. Se il vostro booking engine è dotato di modulo per il dynamic packaging potete inserire tanti servizi aggiuntivi, soprattutto quelli più richiesti dai clienti. In più, sapendo che cosa hanno ordinato gli ospiti potete raccogliere dati importanti, come la disponibilità a spendere o le motivazioni del viaggio, che vi saranno utili in un secondo momento durante il soggiorno.
5 – Tablet in camera
Se avete intenzione di fare un investimento importante per il vostro hotel, potreste dotare ogni camera di un tablet. Alcune strutture, soprattutto all’estero, hanno inserito in questi device applicazioni per la personalizzazione in tempo reale del soggiorno. Da qui il cliente può ordinare la cena, regolare le luci della camera e l’aria condizionata, richiedere un servizio speciale per il giorno successivo o vedere cosa c’è nei dintorni e trovare le indicazioni per raggiungere una destinazione. Ma anche scegliere la musica da ascoltare e leggere i libri o i giornali nella propria lingua precaricati sul dispositivo.
Se volete fare un passo ulteriore, esistono ora veri e propri smartphone pensati per gli hotel come Handy, ottimi per i clienti extraeuropei che vogliono rimanere online e raggiungibili telefonicamente senza subire un salasso di tariffe roaming, utili per gli hotel che possono recuperare molte informazioni utili dal suo utilizzo.
6 – Instant messaging
Per molti mandare un messaggio è meno impegnativo che telefonare al front desk, quindi mantenere un canale aperto su Facebook Messenger e WhatsApp è ormai imperativo. Per farlo però è importante formare qualcuno dello staff per essere pronto a rispondere e intervenire nella chat immediatamente, altrimenti si rischia di creare false aspettative e di deludere il cliente.
7 – L’esperto in struttura
Avete mai pensato di assumere un concierge per fare il personal assistant? Qualcuno a disposizione dei clienti gratuitamente per dare consigli e informazioni di qualsiasi genere. Avere un membro dello staff dedicato a questo può essere un buon modo per personalizzare l’esperienza del viaggiatore. Certo deve trattarsi di qualcuno molto bravo nelle relazioni, che parli le lingue e che conosca bene il territorio, in modo che possa dare a ciascuno i suggerimenti di cui ha bisogno.
8 – Formazione dello staff
Nessuna tecnologia può battere la capacità dello staff di intuire, capire e riconoscere i bisogni del cliente. Addestrate il vostro team e organizzate il lavoro di squadra per personalizzare al massimo il servizio ai clienti e stupirli durante il soggiorno. L’importante è responsabilizzare i vostri collaboratori e dotarli di una certa libertà per risolvere i problemi e coccolare gli ospiti. Solo così potranno intervenire in modo tempestivo e superare tutte le aspettative. Tra tutti gli investimenti, questo dovrebbe essere in cima alla vostra lista.
Chi lavora nel marketing, ancor prima di gettare le fondamenta di una campagna, si chiede: chi è il mio acquirente tipo? E subito dopo: a quale generazione appartiene?
Conoscere il proprio target in base alla fascia demografica è sempre stato importante nella comunicazione pubblicitaria, ma ora anche gli albergatori più scaltri riconoscono l’importanza di un approccio simile anche nell’hotellerie, consci che un “baby boomer” non vivrà il momento della scoperta, della ricerca e dell’acquisto alla stregua di un “millennial”.
Quali passi intraprendere per attrarre le tre principali generazioni di compratori e quali sono i loro bisogni principali?
Baby Boomers: nati fra il 1946 e il 1964
La generazione di Baby Boomers richiede un attenzione da parte dell’albergatore superiore a qualsiasi altra; è necessario che l’hotelier li faccia sentire costantemente importanti e coccolati. Senza contatto umano, senza la possibilità di porre domande o semplicemente scambiare opinioni con lo staff, la valutazione che daranno del loro pernottamento sarà inferiore alle aspettative.
Per far felici i Baby Boomers è fondamentale mantenere uno standard elevato nella qualità del servizio dalla prenotazione e per tutta la durata del pernottamento, check-in e check-out compresi. Non solo, per conquistarli è fondamentale offrire valore, come per esempio un pacchetto di benvenuto con prodotti locali o la sempreverde bottiglia di spumante.
Perché tutta questa fatica per agganciare questo target? Perché i Baby Boomers hanno il più alto potere d’acquisto e sono gli ospiti con la più alta percentuale di ritorno, considerata la facilità con cui si fidelizzano ai brand, se trattati già dal primo giorno come un cliente affezionato e abituale.
Generazione X: nati fra il 1965 e 1980
Ormai una generazione pienamente adulta, sono fra i più frequenti viaggiatori per motivi di lavoro e per questo il miglior target per chi cerca una clientela business. Sono meno naïf dei Baby Boomers, ed essere smaliziati li rende anche meno pazienti. Per conquistarli è necessario dimostrare efficienza, dai servizi della struttura fino al sistema di prenotazione online; non c’è niente che faccia scappare la generazione X più di una tecnologia inefficace e vetusta.
Che sia per lavoro o per divertimento, la generazione X ama gli spazi comuni negli hotel che incentivino la socializzazione. Preferiscono lavorare in mezzo agli altri, così come non disdegnano affatto un albergo che abbia un bar o un salone attrezzato in cui scambiare due parole con altri ospiti.
Millennials: nati dopo il 1980
I Millennials sono nati in una cultura in cui la velocità di accesso alle informazioni è fondamentale e dove la tecnologia non è un’alternativa alla risoluzione del problema ma spesso l’unica concepibile. Per questo motivo i Millennials non sono particolarmente interessati a un contatto costante con la struttura durante il check-in e tanto meno durante il pernottamento; preferiscono avere i mezzi per rispondere da soli alle proprie domande, senza dover attendere i comodi altrui.
Odiano fare le file e offrire loro un chiosco per concludere le procedure di registrazione senza attendere un vero receptionist li rende immediatamente di buon umore.
Gli ospiti di questa generazione sono i più indipendenti, ferocemente autarchici e poco inclini a fidelizzarsi a un brand, specialmente se non rappresenta in maniera significativa i loro valori (cultura green, strutture pet friendly, prodotti equi e solidali o vegani ecc.) o se le recensioni online, di cui sono avidi lettori, ne offrono un quadro meno idilliaco rispetto alla promozione online dell’hotel.
Per conquistarli è importantissimo gestire con cura certosina la brand reputation e sfruttare i social media per entrare nelle loro abitudini di lettura quotidiane; fra qualche anno le loro posizioni lavorative saranno consolidate, inizieranno a poter spendere per vacanze e viaggi d’affari e conquistarli ora è un buon metodo per assicurarsi decenni di ottimi affari e occupazione sicura.
Una delle armi più importanti per un hotel nella lotta alla disintermediazione è il controllo delle proprie tariffe su tutti i canali, con ramificazioni positive per la salute di una struttura che vanno al di là di un semplice aumento di prenotazioni dirette.
Mentre secondo uno studio di Simple Booking avere un prezzo più basso sul canale diretto del 5-8% è uno dei fattori di successo per una strategia di disintermediazione, ogni volta che un hotel è più economico su un canale indiretto subisce un danno concreto, così come lo subiscono i distributori più corretti.
Avere il controllo totale delle proprie tariffe sembra una cosa semplice, ma un errore è sempre dietro l’angolo. Sì, errore: gran parte delle disparità di prezzo a favore degli intermediari sono causate involontariamente da scelte fatte dall’hotel in sede di contrattazione.
Prevenire è meglio che curare
Per ogni nuovo contratto firmato e per ogni rinnovo è importante assicurarsi che non vi siano clausole legate alle tariffe che rischino di mettervi in una posizione di palese difficoltà. Quando il vostro account manager di un distributore vi offre visibilità o più prenotazioni con un nuovo servizio, non accettate prima di aver controllato con estrema attenzione tutti i termini e le condizioni. Così eliminate gran parte delle vostre preoccupazioni: le OTA più grandi – che incidentalmente sono quelle che muovono più prenotazioni – di solito non si permettono di offrire qualcosa su cui non vi siete accordati, implicitamente o esplicitamente.
Controllare le tariffe… specialmente quando e dove i distributori non se l’aspettano
Anche quando pensate che le tariffe siano settate e distribuite in modo corretto dal channel manager, le vostre camere rischiano di essere più convenienti su canali indiretti. Come svelato anche da Charlie Osmond durante il suo intervento alla BTO, i distributori utilizzano qualche trucchetto per assicurare un prezzo migliore sui propri canali:
Giocano sul cambio di valuta
Offrono tariffe più convenienti quando è notte nella destinazione dell’hotel
Tagliano il prezzo complessivo su soggiorni da più notti
Non rispettano la parità quando le date richieste sono temporalmente lontane
Perché lo fanno? Perché sanno che moltissimi albergatori controllano solo la propria tariffa a notte, in orario lavorativo e soltanto in euro.
Ma quando succedono queste cose?
Quando i contratti sono a tariffa netta, dove un distributore ha più gioco sul prezzo esposto al cliente finale
Quando ci si accorda per promozioni che si estendono al di là del tempo sperato (e magari non sono replicate sul canale diretto).
Quando i Wholesaler e le Bed Bank rivendono le camere a canali online con cui non avete alcun rapporto diretto.
Mettersi nei panni del cliente e simulare una prenotazione nei maggiori mercati di riferimento vi aiuta a capire chi e come gioca sulle vostre tariffe. Se non avete tempo né voi né lo staff dell’hotel, esistono software che controllano i prezzi in tempo reale per voi. Ricordate: la conoscenza è potere!
Patti Chiari, Amicizia Lunga
Se molte volte le tariffe più basse su un canale indiretto sono spiegate da accordi sfortunati con un’intermediario, esistono casi in cui la colpa è solo di chi non ha rispettato gli accordi presi con voi.
Facendo l’esempio del terzo caso esposto sopra, ovvero una tariffa più bassa su un canale che non ha rapporti diretti con voi, conviene prenotare voi stessi e dal voucher di prenotazione scoprire da quale preciso canale provenga. A quel punto potrete contattare direttamente il wholesaler o la bed bank che ha svenduto una vostra camera. Siate decisi nell’esigere il rispetto degli accordi presi e, se necessario, non esitate a chiudere la disponibilità in alta stagione, aumentare le tariffe o minacciare la rescissione del contratto.
Se avete ragione e vi mostrate pronti a proteggere davvero la vostra integrità tariffaria, probabilmente si mostreranno disponibili a venirvi in contro.
Pochi ma buoni
Nel tempo, controllando spesso le tariffe noterete alcuni canali che non rispettano le tariffe, mentre altri non vi porteranno un numero di prenotazioni sufficienti. Probabilmente avete troppi canali, e tenerne troppi aperti rende il controllo dei prezzi pressoché impossibile. Meglio tagliare i rami secchi e concentrare la propria distribuzione su pochi canali, ma con buone conversioni.
Con i canali rimasti sarà più facile creare un rapporto di stima e rispetto e loro vedranno le proprie vendite salire non dovendosi spartire il vostro inventario con troppa concorrenza.
“E ora che le mie tariffe sono sotto controllo?”
Gli effetti di una coerenza tariffaria sono tanti e praticamente tutti positivi, tranne uno.
Prima di tutto scremerete gli ospiti indesiderati; il prezzo è un metodo anche per selezionare la clientela durante l’anno e, quando qualcuno vende le vostre camere con prezzo fortemente ribassati, in sostanza vi costringe a ospitare persone che non vorreste. Potreste quindi vedere una leggera flessione del prenotato, ma ne gioverà il livello della clientela.
Inoltre una perfetta integrità tariffaria si trasforma spesso anche in un aumento del tasso di prenotazione che si aggira sul 30%, con Simple Booking che addirittura ha visto risultati intorno al +37% per chi usava la sua tecnologia proprietaria.
L’aspetto negativo? I canali stabili come Booking.com ed Expedia assorbiranno gran parte dell’indiretto che prima era in mano a canali meno “corretti”, rendendoli competitivi anche in mercati e per soluzioni che prima li vedeva in svantaggio rispetto a wholesalers e bed bank. Questo significa che finita la battaglia per una parità tariffaria, inizierà quella per la visibilità e l’attenzione dei potenziali clienti.
Come rispondere alle recensioni
Chi ci legge da tempo, saprà quanto teniamo alla causa della “Buona Brand Reputation”, uno dei cui punti cardine è proprio l’arte del saper rispondere alle recensioni online, sia su TripAdvisor, le OTA e gli altri siti di recensioni, che sui Social Network.
Oggi, rispetto a qualche anno fa, sono sempre di più gli albergatori che scelgono la strada della gestione delle reviews piuttosto che quella dell’indifferenza. Eppure sono ancora tanti coloro che puntualmente ci chiedono consigli su quale sia la migliore strategia per gestire la brand reputation, terrorizzati da commettere errori che ne danneggerebbero ancor di più l’immagine pubblica. Per questo abbiamo realizzato una summa delle migliori pratiche per rispondere alle vostre recensioni online.
1. Rispondete all’istante…
Vale la pena seguire questa regola per due motivi: il primo è che più tempo lasciate passare, più la recensione – specie se negativa – rimarrà lì in bella vista senza risposta, come un’accusa che lascia solo immaginare il peggio del vostro hotel. Il secondo è che se volete recuperare con la persona che vi ha lasciato un brutto commento, dovete rispondere in modo immediato, in modo da farle capire che la sua opinione vi interessa davvero.
2. … sia alle recensioni positive che alle negative
Non occupatevi solo delle recensioni negative. Una piccola risposta anche a chi ha speso del tempo per lasciarvi un commento benevolo è un ottimo modo per comunicare a chi vi sta leggendo che il vostro hotel ha davvero a cuore il pensiero degli ospiti. Per le recensioni positive, potete rispondere soltanto a quelle significative per evitare di ripetervi. In entrambi i casi, vale la regola dello scusarsi e ringraziare, sempre e comunque.
3. Niente risposte standardizzate
Ogni volta che rispondete a una recensione, dovete pensare che non vi leggerà solo il diretto interessato ma anche le altre centinaia di persone che capitano ogni giorno sul vostro profilo. Immaginate perciò che delusione trovarsi di fronte a una pagina piena zeppa di risposte tutte uguali. Darà l’impressione che trattiate gli ospiti più come numeri che come persone. Se invece riuscite a identificare la persona che ha soggiornato da voi, vale la pena menzionare qualcosa di personale o addirittura chiamarla per nome, così che si capisca che vi prendete cura di ognuno singolarmente.
4. Siate più colloquiali, meno formali
Ogni mezzo ha il suo stile di comunicazione e qui siete sul web. Quindi, pur mantenendo il “lei” quando ve ne sia necessità per dimostrare rispetto nei confronti dell’interlocutore, siete autorizzati a dare del “tu” a chi è giovane o a chi nella recensione si rivolge a voi per nome proprio. Non esagerate con quelle formule che fanno tanto lettera commerciale, come “Gentile cliente – cordiali saluti”. Un po’ di confidenza servirà ad abbattere le distanze e a darvi un tono amichevole e familiare.
5. Non arrabbiatevi e non prendetela sul personale
Vi abbiamo già elencato 4 Buoni Motivi per non perdere le staffe di fronte a una critica degli ospiti, perciò non ci dilungheremo ulteriormente. Vi basti sapere che reagire in modo violento darà a chi vi leggerà una pessima impressione di voi. In fondo il vostro lavoro è quello di fare felici gli ospiti.
6. Organizzate e rendete snello il processo di reazione
Scegliete la/le persona/e addette al monitoraggio delle recensioni e alle risposte online. Stabilite la policy da seguire per gestire anche le situazioni più spinose. Infine stabilite dei momenti nella giornata o nella settimana durante i quali revisionare le risposte e pubblicarle.
7. Non autocelebratevi troppo
In generale abbiamo constatato che, anche se non dovete mai perdere la dignità, è meglio mantenere un atteggiamento umile, soprattutto nei confronti di chi vi critica. Una raccomandazione importante: non utilizzate le risposte alle recensioni come spazio per pubblicizzare l’ottima qualità dei piatti del vostro ristorante o la raffinatezza delle vostre camere. Certo è una buona occasione per dimostrare che il vostro è un buon hotel, ma ci sono altri luoghi deputati per questo tipo di comunicazione.
8. Siate brevi e concisi
Ho visto risposte a recensioni davvero molto lunghe e stancanti, difficili da leggere fino alla fine. Anche se dovete spiegare situazioni particolarmente complicate, andate dritti al punto senza eccessivi giri di parole, rischierete solo di annoiare i lettori.
9. Risolvete subito le questioni concrete
Spesso le lamentele riguardano docce che non funzionano, acqua calda che non arriva o maniglie rotte. Non perdete tempo, fate riparare o cambiare quello che non andava e scrivetelo nella vostra risposta, in modo da dimostrare che nel vostro lavoro siete sempre reattivi al massimo e pronti a risolvere qualsiasi problema.
10. Prendetevi le vostre responsabilità
Non assumetevi la colpa di uno sbaglio anche quando non la avete ma, allo stesso tempo, non adagiatevi troppo sul gioco dello scarica barile. Accusare vostri sottoposti, colleghi o altri fornitori, come l’elettricista o l’idraulico, darà l’idea che non vogliate prendervi le vostre responsabilità e risolvere in prima persona i problemi.
11. Rispondete all’utente, non a chi sta leggendo
Ho notato questa pessima abitudine di rispondere alle recensioni senza rivolgersi usando forme che si rivolgono non al cliente che ha scritto, ma a chi sta leggendo (es: “Quello che hanno scritto questi clienti è falso, perché ….). È ovvio che scriviate in primis per spiegare a tutti i lettori la vostra posizione, ma attenzione anche alla forma con cui lo fate, che potrebbe dare di voi una brutta impressione. A voi piacerebbe lasciare una recensione a cui fosse risposto in questo modo un po’ alienante?
Infine, per capire appieno la vostra brand reputation globale, non dimenticate di utilizzare qualche tool di monitoraggio che possa svelarvi i punti di forza e debolezza su cui lavorare!
Chi lavora nel marketing, ancor prima di gettare le fondamenta di una campagna, si chiede: chi è il mio acquirente tipo? E subito dopo: a quale generazione appartiene?
Conoscere il proprio target in base alla fascia demografica è sempre stato importante nella comunicazione pubblicitaria, ma ora anche gli albergatori più scaltri riconoscono l’importanza di un approccio simile anche nell’hotellerie, consci che un “baby boomer” non vivrà il momento della scoperta, della ricerca e dell’acquisto alla stregua di un “millennial”.
Quali passi intraprendere per attrarre le tre principali generazioni di compratori e quali sono i loro bisogni principali?
Baby Boomers: nati fra il 1946 e il 1964
La generazione di Baby Boomers richiede un attenzione da parte dell’albergatore superiore a qualsiasi altra; è necessario che l’hotelier li faccia sentire costantemente importanti e coccolati. Senza contatto umano, senza la possibilità di porre domande o semplicemente scambiare opinioni con lo staff, la valutazione che daranno del loro pernottamento sarà inferiore alle aspettative.
Per far felici i Baby Boomers è fondamentale mantenere uno standard elevato nella qualità del servizio dalla prenotazione e per tutta la durata del pernottamento, check-in e check-out compresi. Non solo, per conquistarli è fondamentale offrire valore, come per esempio un pacchetto di benvenuto con prodotti locali o la sempreverde bottiglia di spumante.
Perché tutta questa fatica per agganciare questo target? Perché i Baby Boomers hanno il più alto potere d’acquisto e sono gli ospiti con la più alta percentuale di ritorno, considerata la facilità con cui si fidelizzano ai brand, se trattati già dal primo giorno come un cliente affezionato e abituale.
Generazione X: nati fra il 1965 e 1980
Ormai una generazione pienamente adulta, sono fra i più frequenti viaggiatori per motivi di lavoro e per questo il miglior target per chi cerca una clientela business. Sono meno naïf dei Baby Boomers, ed essere smaliziati li rende anche meno pazienti. Per conquistarli è necessario dimostrare efficienza, dai servizi della struttura fino al sistema di prenotazione online; non c’è niente che faccia scappare la generazione X più di una tecnologia inefficace e vetusta.
Che sia per lavoro o per divertimento, la generazione X ama gli spazi comuni negli hotel che incentivino la socializzazione. Preferiscono lavorare in mezzo agli altri, così come non disdegnano affatto un albergo che abbia un bar o un salone attrezzato in cui scambiare due parole con altri ospiti.
Millennials: nati dopo il 1980
I Millennials sono nati in una cultura in cui la velocità di accesso alle informazioni è fondamentale e dove la tecnologia non è un’alternativa alla risoluzione del problema ma spesso l’unica concepibile. Per questo motivo i Millennials non sono particolarmente interessati a un contatto costante con la struttura durante il check-in e tanto meno durante il pernottamento; preferiscono avere i mezzi per rispondere da soli alle proprie domande, senza dover attendere i comodi altrui.
Odiano fare le file e offrire loro un chiosco per concludere le procedure di registrazione senza attendere un vero receptionist li rende immediatamente di buon umore.
Gli ospiti di questa generazione sono i più indipendenti, ferocemente autarchici e poco inclini a fidelizzarsi a un brand, specialmente se non rappresenta in maniera significativa i loro valori (cultura green, strutture pet friendly, prodotti equi e solidali o vegani ecc.) o se le recensioni online, di cui sono avidi lettori, ne offrono un quadro meno idilliaco rispetto alla promozione online dell’hotel.
Per conquistarli è importantissimo gestire con cura certosina la brand reputation e sfruttare i social media per entrare nelle loro abitudini di lettura quotidiane; fra qualche anno le loro posizioni lavorative saranno consolidate, inizieranno a poter spendere per vacanze e viaggi d’affari e conquistarli ora è un buon metodo per assicurarsi decenni di ottimi affari e occupazione sicura.
La comunicazione cambia, così come i bisogni e le preferenze dei viaggiatori. Secondo una ricerca di TrustYou, due viaggiatori su tre preferiscono comunicare via messaggi piuttosto che al telefono, mentre il 75% vuole poter parlare direttamente con un membro dello staff.
In un mondo in cui si spinge le tecnologie vocali, fa quasi effetto pensare come i dialoghi via testo siano sempre i preferiti da parte degli ospiti.
Attenta come sempre ai trend del mercato, Google ha per questo aggiunto fra le CTA presenti nelle schede delle attività commerciali il tasto “Message”, con cui contattare direttamente un’impresa senza bisogno di chiamare o mandare email.
Questa è un’opportunità gratuita per connettersi con potenziali clienti e trasformare la semplice ricerca su Google in un momento di interazione e condivisione. Sembra poco, ma poter rispondere anche solo a una domanda – anche triviali come la presenza della connessione Wi-Fi gratuita – di un cliente in maniera personale può fare la differenza fra una conversione diretta e un’occasione persa.
Attivare i messaggi
Come avverte la pagina di presentazione del servizio, la CTA “Messaggi” non è ancora attiva in gran parte dei Paesi, fra cui purtroppo l’Italia.
Nel momento in cui sarà disponibile – probabilmente fra pochi mesi – basterà entrare nel proprio account Google My Business, entrare nella sede da gestire e dalla home cliccare nel box “Messaging”.
Ovviamente il numero di telefono deve poter ricevere SMS e l’eventuale costo dei messaggi è quello del vostro piano telefonico. Nel caso abbiate un programma esterno che vi gestisce tutte le comunicazioni con i clienti, Google lo accetta purché abbia un numero effettivo da verificare.
Qualche avvertenza
Poter chattare direttamente con potenziali ospiti gratuitamente è fantastico, ma è importante farsi trovare sempre pronti a soddisfare le richieste degli utenti. Come succede con Messenger di Facebook, ritardare nelle risposte e offrire informazioni solo parziali potrebbe sortire l’effetto opposto a quello sperato.
È semplice buon senso, ma ricordiamo ai clienti di non fornire mai dati sensibili via chat, da carte di credito fino a codici fiscali; per quanto messaggiare sia comodo, non è esattamente il sistema di comunicazione più sicuro
Chi lavora nel marketing, ancor prima di gettare le fondamenta di una campagna, si chiede: chi è il mio acquirente tipo? E subito dopo: a quale generazione appartiene?
Conoscere il proprio target in base alla fascia demografica è sempre stato importante nella comunicazione pubblicitaria, ma ora anche gli albergatori più scaltri riconoscono l’importanza di un approccio simile anche nell’hotellerie, consci che un “baby boomer” non vivrà il momento della scoperta, della ricerca e dell’acquisto alla stregua di un “millennial”.
Quali passi intraprendere per attrarre le tre principali generazioni di compratori e quali sono i loro bisogni principali?
Baby Boomers: nati fra il 1946 e il 1964
La generazione di Baby Boomers richiede un attenzione da parte dell’albergatore superiore a qualsiasi altra; è necessario che l’hotelier li faccia sentire costantemente importanti e coccolati. Senza contatto umano, senza la possibilità di porre domande o semplicemente scambiare opinioni con lo staff, la valutazione che daranno del loro pernottamento sarà inferiore alle aspettative.
Per far felici i Baby Boomers è fondamentale mantenere uno standard elevato nella qualità del servizio dalla prenotazione e per tutta la durata del pernottamento, check-in e check-out compresi. Non solo, per conquistarli è fondamentale offrire valore, come per esempio un pacchetto di benvenuto con prodotti locali o la sempreverde bottiglia di spumante.
Perché tutta questa fatica per agganciare questo target? Perché i Baby Boomers hanno il più alto potere d’acquisto e sono gli ospiti con la più alta percentuale di ritorno, considerata la facilità con cui si fidelizzano ai brand, se trattati già dal primo giorno come un cliente affezionato e abituale.
Generazione X: nati fra il 1965 e 1980
Ormai una generazione pienamente adulta, sono fra i più frequenti viaggiatori per motivi di lavoro e per questo il miglior target per chi cerca una clientela business. Sono meno naïf dei Baby Boomers, ed essere smaliziati li rende anche meno pazienti. Per conquistarli è necessario dimostrare efficienza, dai servizi della struttura fino al sistema di prenotazione online; non c’è niente che faccia scappare la generazione X più di una tecnologia inefficace e vetusta.
Che sia per lavoro o per divertimento, la generazione X ama gli spazi comuni negli hotel che incentivino la socializzazione. Preferiscono lavorare in mezzo agli altri, così come non disdegnano affatto un albergo che abbia un bar o un salone attrezzato in cui scambiare due parole con altri ospiti.
Millennials: nati dopo il 1980
I Millennials sono nati in una cultura in cui la velocità di accesso alle informazioni è fondamentale e dove la tecnologia non è un’alternativa alla risoluzione del problema ma spesso l’unica concepibile. Per questo motivo i Millennials non sono particolarmente interessati a un contatto costante con la struttura durante il check-in e tanto meno durante il pernottamento; preferiscono avere i mezzi per rispondere da soli alle proprie domande, senza dover attendere i comodi altrui.
Odiano fare le file e offrire loro un chiosco per concludere le procedure di registrazione senza attendere un vero receptionist li rende immediatamente di buon umore.
Gli ospiti di questa generazione sono i più indipendenti, ferocemente autarchici e poco inclini a fidelizzarsi a un brand, specialmente se non rappresenta in maniera significativa i loro valori (cultura green, strutture pet friendly, prodotti equi e solidali o vegani ecc.) o se le recensioni online, di cui sono avidi lettori, ne offrono un quadro meno idilliaco rispetto alla promozione online dell’hotel.
Per conquistarli è importantissimo gestire con cura certosina la brand reputation e sfruttare i social media per entrare nelle loro abitudini di lettura quotidiane; fra qualche anno le loro posizioni lavorative saranno consolidate, inizieranno a poter spendere per vacanze e viaggi d’affari e conquistarli ora è un buon metodo per assicurarsi decenni di ottimi affari e occupazione sicura.
La comunicazione cambia, così come i bisogni e le preferenze dei viaggiatori. Secondo una ricerca di TrustYou, due viaggiatori su tre preferiscono comunicare via messaggi piuttosto che al telefono, mentre il 75% vuole poter parlare direttamente con un membro dello staff.
In un mondo in cui si spinge le tecnologie vocali, fa quasi effetto pensare come i dialoghi via testo siano sempre i preferiti da parte degli ospiti.
Attenta come sempre ai trend del mercato, Google ha per questo aggiunto fra le CTA presenti nelle schede delle attività commerciali il tasto “Message”, con cui contattare direttamente un’impresa senza bisogno di chiamare o mandare email.
Questa è un’opportunità gratuita per connettersi con potenziali clienti e trasformare la semplice ricerca su Google in un momento di interazione e condivisione. Sembra poco, ma poter rispondere anche solo a una domanda – anche triviali come la presenza della connessione Wi-Fi gratuita – di un cliente in maniera personale può fare la differenza fra una conversione diretta e un’occasione persa.
Attivare i messaggi
Come avverte la pagina di presentazione del servizio, la CTA “Messaggi” non è ancora attiva in gran parte dei Paesi, fra cui purtroppo l’Italia.
Nel momento in cui sarà disponibile – probabilmente fra pochi mesi – basterà entrare nel proprio account Google My Business, entrare nella sede da gestire e dalla home cliccare nel box “Messaging”.
Ovviamente il numero di telefono deve poter ricevere SMS e l’eventuale costo dei messaggi è quello del vostro piano telefonico. Nel caso abbiate un programma esterno che vi gestisce tutte le comunicazioni con i clienti, Google lo accetta purché abbia un numero effettivo da verificare.
Qualche avvertenza
Poter chattare direttamente con potenziali ospiti gratuitamente è fantastico, ma è importante farsi trovare sempre pronti a soddisfare le richieste degli utenti. Come succede con Messenger di Facebook, ritardare nelle risposte e offrire informazioni solo parziali potrebbe sortire l’effetto opposto a quello sperato.
È semplice buon senso, ma ricordiamo ai clienti di non fornire mai dati sensibili via chat, da carte di credito fino a codici fiscali; per quanto messaggiare sia comodo, non è esattamente il sistema di comunicazione più sicuro
Chiunque viaggi spesso può incappare in una nottata storta in hotel. Magari l’aria condizionata è saltata in pieno agosto, la sveglia promessa dalla reception non arriva oppure, semplicemente, non ti viene offerto tutto ciò che avresti prenotato (e pagato).
Capita, non è la fine del mondo; è pressoché impossibile offrire un servizio perfetto sempre e comunque.
Quello che non deve capitare, però, è di farsi trovare impreparati di fronte a una crisi, con l’ospite che lascia la struttura con una recensione negativa sulla punta della penna.
Molti inconvenienti possono essere rimediati prima del check-out, basta trovare la giusta leva che faccia cambiare opinione al cliente.
Quando lo sconto non basta
Solitamente quando il cliente si lamenta di qualcosa al check-out, gli viene offerto uno sconto come risarcimento per il fastidio causato, ma quante volte lo sconto viene vissuto dai clienti con malcelato fastidio?
Ogni giorno è facile leggere recensioni di ospiti arrabbiati perché a fronte di una vacanza rovinata, non hanno ricevuto le giuste attenzioni dal management dell’hotel.
Per esempio in questo esempio, un viaggiatore racconta il suo soggiorno da incubo in struttura, “minimizzato” con un semplice sconto sulla tariffa:
“Ce ne siamo andati dopo due notti, visto che lo scarico del water continuava a entrare in funzione tenendoci svegli tutta la notte, nonostante ci avessero assicurato fosse stato riparato. Quando ho fatto notare il problema al check-out, ci hanno risposto con uno sconto di venti sterline! Che generosità!”(Harrogate_7, TripAdvisor)
A ogni lamentela il giusto rimedio
Talvolta lo sconto sulla tariffa a risarcimento di un inconveniente non viene percepito positivamente dal cliente (soprattutto se è insignificante a fronte della spesa sostenuta).
L’ospite vive questo “regalo” come il metodo più semplice e indolore per liquidare il problema con il minimo disturbo per l’hotel. Un servizio aggiuntivo gratuito a sorpresa o un upgrade sostanzioso faranno invece sentire il cliente ascoltato e coccolato.
Se siete ancora in tempo, e la lamentela viene espressa prima di lasciare l’hotel, mettetevi nei panni del cliente e pensate a cosa potrebbe farvi cambiare umore in quella situazione.
Ecco alcuni dei reclami più diffusi a cui si può porre rimedio senza ricorrere agli sconti.
Il sonno disturbato:
“Nottata passata in bianco causa clienti ubriachi e molesti impossibili da gestire da parte del portiere di notte, al mattino un direttore più attento a fumare che al customer care ha solo detto che lo avrebbe fatto presente alla direzione.” (sidiuos, TripAdvisor)
Se la persona non ha chiuso occhio e stava soggiornando da voi per lavoro o per relax, allora il minimo che possiate fare è offrire qualcosa che cancelli la stanchezza dell’ospite, come ad esempio un massaggio gratuito prima della partenza nella vostra spa o in un centro benessere vicino. Il cliente partirà così rinvigorito e rilassato.
La camera sbagliata:
“La nostra prenotazione è stata confermata senza che ci rispondessero niente sulla nostra richiesta di una camera in particolare. All’arrivo siamo stati sistemati al primo piano senza balcone dalla parte opposta alla piscina, con gli alberi e la vegetazione a bloccare completamente la luce naturale. Abbiamo chiesto educatamente fin da subito un cambio di camera, ma ci è stato risposto seccamente che erano pieni. Non hanno neanche provato a scusarsi o offrirci qualcosa come rimborso per lo scarso valore della nostra camera rispetto a quella con la vista fantastica dall’altra parte del corridoio.” (Roman049, TripAdvisor)
Non c’è niente che possa rendere un cliente più di cattivo umore della camera sbagliata all’arrivo. Se quella che aveva scelto (o che aveva immaginato di aver scelto) è occupata, almeno procedete a un upgrade immediato in una tipologia superiore, magari con vasca idromassaggio o servizi migliori.
Altrimenti cercate di capire il motivo del soggiorno del cliente per regalargli qualcosa per lui di vero valore. Se ad esempio è un coppia che viene da lontano per una vacanza romantica, offrite una cena a sorpresa a lume di candela in camera. Se è una coppia di adulti a caccia di tour culturali, fate trovate loro pronta la navetta gratuita per una destinazione a loro scelta, o dei biglietti gratuiti per una mostra importante nelle vicinanze. Sicuramente li lascerete senza parole.
Servizi prenotati di cui non c’è traccia:
“L’inconveniente è che ho prenotato via internet un soggiorno per una notte con mia moglie facendo richiesta anche di trattamenti benessere (un massaggio x me ed un trattamento estetico x mia moglie). Arrivati al centro benessere non risultavano le nostre prenotazioni: a quanto pare la mia richiesta non era stata inoltrata al personale del centro. Inoltre il centro benessere era affollato.” (Fabiobm, TripAdvisor)
In questo caso il proprietario ha inviato personalmente le scuse con l’invito a prenotare un nuovo week-end gratuito, ma l’hotel avrebbe potuto senza problemi provvedere a fissare dei nuovi trattamenti, a costo di farli in orario di chiusura. In fondo si trattava solo di due trattamenti di un’ora.
Nel caso non abbiate l’opportunità di intervenire prima della partenza dei clienti, l’unico modo per farvi perdonare è inviare una nota personale via mail – ma ancora meglio in cartaceo – contenente le vostre scuse e un soggiorno in regalo o a prezzo vantaggioso presso di voi. Se saprete intervenire a tempo debito, il cliente potrebbe anche chiudere un occhio e lasciar perdere le tanto temute lamentele online, se non addirittura lasciare una recensione positiva.
La regola generale, però, è di ricordarsi che i vostri clienti sono ospiti nella vostra struttura. Farli sentire importanti e coccolati, specialmente quando le cose non vanno come dovrebbero, è la chiave per una reputazione a prova di bomba.
L’email marketing è una disciplina spesso sottovalutata, presi come siamo a rincorrere sempre le ultime novità e le ultime teocnologie. Rimane uno dei metodi più efficaci e funzionali per parlare direttamente alla tua clientela, eppure se ne discute sempre poco.
Le catene alberghiere e gli hotel attenti alla comunicazione hanno abbandonato le email generiche, spammate nelle caselle di tutti i propri contatti, e si stanno concentrando sull’invio di contenuti personalizzati e richiesti direttamente dagli utenti. Ma come mettersi al passo coi tempi e aumentare le proprie conversioni grazie all’email marketing?
L’email marketing non si improvvisa
C’è una tendenza da parte degli hotel a spendere tutte le proprie energie e risorse nel marketing a pagamento, come per esempio il pay per click sui motori di ricerca generalisti o la visibilità nei metamotori. Ha senso: spendendo, è giusto concentrarsi sul raggiungimento del miglior ROI possibile. Il problema è che il tuo database di mail, se basato su precise liste, è importante come tutti gli altri tuoi canali di vendita e richiede la stessa cura e pianificazione.
La segmentazione è tutto
Il primo passo di qualsiasi piano strategico legato al mail marketing (e non solo) è quello di segmentare e definire il tuo pubblico. Le listone onnicomprensive, in cui tutti ricevono la stessa mail, spesso non sono particolarmente produttive. Lo stesso messaggio a tutti i tuoi contatti ha senso solo in casi di vere informazioni di servizio, come il cambio del nome, del brand o eventi catastrofici di varia natura.
Ecco un esempio di come potresti segmentare la lista di un hotel:
iscritti al blog e alla newsletter;
iscritti alle offerte e pacchetti;
ospiti che hanno prenotato;
ospiti che hanno cancellato la prenotazione;
lingua;
Paese;
durata del soggiorno;
periodo prenotato l’anno precedente;
ospiti che hanno usato il bar o il ristorante dell’hotel;
ospiti che hanno utilizzato le sale meeting;
ospiti che hanno usato la spa.
Puoi anche segmentare in base all’ultima volta che un utente ha interagito con te o ha aperto l’ultima mail. Più segmenti, più i risultati delle tue campagne mail saranno positivi.
Inoltre, segmentando bene il tuo pubblico, ti sarà più facile rispondere all’annosa domanda: cosa comunicare nella tua mail?
Scrivi contenuto che funziona
Quando si parla del contenuto di una mail, prima della forma è importante pensare alle ragioni per le quali le persone si sono iscritte.
Alcuni esempi:
vogliono ricevere sconti e offerte;
vogliono essere informati sugli eventi della tua destinazione;
hanno un’affinità con il tuo brand;
sono interessati alla tua offerta enogastronomica;
amano sapere tutte le tue novità.
Ci sono vari metodi per scoprire quali argomenti interessano di più agli iscritti, ma il più comune è quello di provare diversi contenuti e vedere quali utenti rispondono e a quale tipologia di email. Un altro metodo, più diretto, è quello di far compilare un modulo ai tuoi utenti durante l’iscrizione.
Quando conosci le motivazioni, è più facile spingere determinati contenuti al giusto segmento.
Ricordati soltanto che far aprire la tua mail è importante, ma non basta: devi dar loro una ragione per leggerla e, magari, per approfondire l’argomento sul tuo sito web ufficiale.
La regola d’oro dell’email marketing è che se non hai niente di utile da dire, meglio tu non dica niente. Ogni campagna deve essere creata con l’utente in mente, perché il tuo primo obiettivo è quello di premiare le persone che si sono iscritte. Sono interessate a quello che fai, così tanto da condividere con te il loro indirizzo, ma basta una mail sbagliata per tradire la loro fiducia.
Non diventare il Groupon di te stesso
Offerte e sconti non possono essere l’unico motivo per mandare un’email ai tuoi utenti, anzi. Il tuo business non è basato sugli sconti, come Groupon, ma sul valore della tua struttura, la bellezza della tua destinazione e i servizi che offri tutti i giorni.
Gli sconti ogni tanto vanno bene, ma se mandi una mail al mese con sconti sulla prenotazione nell’ordine del 10-30%, gli utenti inizieranno a percepirti come una struttura cheap o, forse peggio, come un hotel che costa sul sito ufficiale un 10-30% di troppo. L’incentivo per tornare nel tuo hotel, o per venirci la prima volta, non può essere soltanto il prezzo.
Qual è la frequenza giusta di invio delle email?
Non c’è una risposta perfetta a questa domanda, in realtà. Un hotel non è una rivista periodica, quindi nessuno si aspetta di essere contattato giornalmente o anche settimanalmente.
Una email mensile o bimestrale è per molti la giusta misura, a meno che non ci sia qualche contenuto eccitante da condividere con i tuoi ospiti (e per eccitante non si intende uno sconto del 35% sulle tariffe infrasettimanali). Quando hai deciso la frequenza, cerca di mantenerla sempre, con costanza; i tuoi utenti ci mettono poco a dimenticarti, altrimenti.
Le metriche del successo
Come per tutto il marketing, è importante misurare i risultati delle tue campagne di email, senza fermarsi al famigerato “last click attribution” di Analytics; esistono altre metriche importanti per valutare la bontà del tuo lavoro.
1. Tasso di Apertura (Open Rate)
Il tasso di apertura ci dice quante persone hanno aperto la tua mail come percentuale del numero totale di mail inviate. Stai attento soltanto a non considerare questa metrica un vangelo: alcuni client di posta aprono automaticamente le mail in arrivo, dandoti un falso positivo, mentre altri non scaricano automaticamente le immagini, bloccando il tracciamento da parte del pixel 1×1 usato per lo scopo.
Più che per l’accuratezza, il tasso di apertura è utile per comparare i tuoi progressi in confronto alle tue precedenti campagne.
Possiamo dare però alcune percentuali che ti possono aiutare a leggere questo dato per le tue prime campagne:
Sotto il 20% = va cambiato tutto.
Dal 20% al 35% = risultato discreto che richiedere qualche ritocco.
Sopra il 35% = risultato ottimo da mantenere nel tempo.
2. Click-Through Rate (CTR)
Questa metrica mostra la percentuale di persone che hanno seguito la tua call to action e hanno cliccato sul link presente nell’email. Oltre ad avvicinarti all’obiettivo di conversione, ti dà anche un’idea della relazione fra te e i tuoi iscritti. Un 10% di CTR è un ottimo inizio, puntando col tempo a un solido 20% o più. Un CTR cronicamente più basso del 10% significa avere dei problemi nei contenuti o nel design dell’email.
3. Tasso di cancellazione
Chiamato anche colloquialmente “tasso di fastidio”; quanto stai infastidendo i tuoi lettori? Tenere l’Unsubscribe rate sotto allo 0,2% è lo standard del settore, perciò inizia a investigare quando lo vedi superiore a questa percentuale.
4. Rimbalzi
Esistono due tipologie di rimbalzo:
L’Hard Bounce accade quando mandi una mail a un indirizzo che non esiste più o non è mai esistito. Devi eliminare questi account dalla lista, perché Gmail controlla attentamente questo parametro e potrebbe inserirti nello spam.
Il Soft Bounce succede quando un indirizzo esiste ma non riceve l’email perché, per esempio, ha la casella piena. È meno grave degli hard bounce, ma è bene tenere questo tasso di rimbalzo sotto il 2%.
5. Revenue
Se hai impostato tutto correttamente, dovresti poter tracciare le conversioni di ogni singola email che hai mandato ai tuoi iscritti. Ovviamente questa metrica è più importante quando la CTA proposta nell’email ha l’obiettivo di far prenotare.
6. Social Share
Se la tua mail non solo è stata aperta e letta, ma addirittura è stata reinoltrata o condivisa sui social, significa che la tua comunicazione è perfetta, così come i contenuti che hai offerto agli iscritti. Non solo, ma in questo modo raggiungi un pubblico più ampio di quello permesso dalla tua lista, che non è poco!
7. Tasso di abbandono (Churn Rate)
Per quanto tu possa lavorare bene, le persone lasceranno la tua lista, alcuni indirizzi saranno cancellati e c’è chi si lamenterà per ciò che offri. Una lista di email, purtroppo, ha un tasso di abbandono che va dal 20% al 25%. Di conseguenza, per quanto la tua lista sembri ricca numericamente, controlla sempre questa metrica e non smettere mai di generare nuovi contatti!
Ricorda il fuso orario
Come per il digital marketing, anche l’email marketing funziona se è geo-targettizzato, perché i tuoi ospiti ormai arrivano da tutto il mondo e nessuno legge un’email che arriva sulla casella di posta alle tre di notte. Cerca di inviare le tue comunicazioni in base al fuso orario degli indirizzi della lista per massimizzare i risultati.
Conclusione
Email marketing è, in sostanza, due cose: segmentazione targettizzata e uno standard elevato per i contenuti. Nessuno vuole una promozione generica nella propria casella. Una campagna email di successo non è formata da cartelloni pubblicitari preparati dal settore Sales del tuo hotel. Sono invece dei reminder specifici e targettizzati verso persone che vogliono davvero sentire quello che hai da dire loro.
Non buttare via questa splendida opportunità di interazione. Usa le email per imparare nuove cose sui tuoi ospiti, sui tuoi prodotti e sull’efficacia del tuo messaggio. Premia chi ti legge con interazioni che abbiano significato. Sii utile, e ne vedrai i frutti.
10/11/2017
Decolla il primo volo low cost di lungo raggio Italia-Usa
Norwegian inaugura con un 787 Dreamliner i collegamenti a tariffe basse. Al via la rotta Roma-New York da 179 euro per tratta. In cabina un comandante italiano. Dal 9 novembre apre il collegamento con Los Angeles e a febbraio quello con San Francisco
3 buone idee da rubare a Kayak per ottimizzare le revenue e il servizio in hotel
26 dicembre 2016
Che cosa c’entra Kayak – uno dei più grandi metamotori di ricerca voli e hotel al mondo – con un hotel indipendente? Niente, direte voi: difficile trovare qualcosa che vi accomuni un big player del turismo internazionale.
Eppure, voi e Kayak potreste avere in comune molto più di ciò che credete. Basta avere il coraggio di cambiare e di innovare. In un’intervista rilasciata a Fortune, il chief technology officer di Kayak, Giorgos Zacharia, spiega come Kayak riesca a crescere e migliorare grazie a strategie che tutti voi potreste mettere in pratica in hotel.
1 – Fate test continui e apritevi al cambiamento
“Conduciamo decine di esperimenti in una sola volta, così quando un utente arriva su Kayak non sappiamo quale feature vedrà. Ogni idea può andare online per qualche settimana o solo per pochi giorni,” conferma Zacharia nell’intervista. “Grazie a questi test, quest’anno le revenue di Kayak sono cresciute del 12%”.
Tutti i grandi portali e metasearch online conducono i cosiddetti A/B test per ottimizzare la navigazione all’interno del sito. È una pratica comune a casa di Booking.com e di Expedia, perché anche i più piccoli cambiamenti su siti con un traffico così alto possono cambiare radicalmente i profitti. Su questi siti viene testato praticamente tutto: dalle dimensioni dei font alla grandezza delle immagini, dalla scelta delle parole al colore dei pulsanti. Niente viene lasciato al caso. Ogni elemento è sottoposto a uno stesso numero di utenti anonimi e quello che porta più risultati si mantiene.
Non che possiate fare lo stesso per tutti gli elementi del vostro sito, ma ogni anno è opportuno valutare con l’agenzia web se testare soluzioni nuove o alternative dove i risultati non sono soddisfacenti. Non escludete di ripensare la grafica del sito se questo ha già qualche anno alle spalle.
2 – Affidatevi ai consigli di tutto il team
Uno dei punti di forza di Kayak è il suo modo di far lavorare tutto lo staff per far migliorare il prodotto.
“Quello che distingue Kayak è l’uso dei SWAT team per far nascere e testare nuove idee. Ogni elemento dello staff – non solo gli ingegneri – viene incoraggiato a contribuire. Zacharia ha preso in prestito questo termine dalle forze dell’ordine: sta per Special Weapons And Tactics e indica le unità speciali destinate a operazioni pericolose, salvare ostaggi o affrontare criminali armati. Per anni Zacharia ha assemblato team da ogni parte dell’azienda, allontanandoli dai loro normali progetti e scadenze, e li ha lasciati liberi di risolvere i problemi più difficili.”
L’idea di affidarsi a tutto il team per risolvere problemi o migliorare il servizio è un’attività che dovrebbe essere organizzata in ogni hotel: in primis questo conferisce valore a ogni membro del team dandogli nuova motivazione; seconda cosa questo aiuta a creare senso di squadra e appartenenza; infine spesso avere un punto di vista esterno aiuta a identificare soluzioni che prima non si erano viste.
Anche voi dovreste pianificare il modo per rendere partecipe tutto lo staff nelle attività dell’hotel. Mai pensato di far soggiornare i vostri collaboratori come ospiti per sperimentare le camere e individuare quello che non funziona o che può essere migliorato?
3 – Mettete alla prova il team con un contest
Tutto lo staff di Kayak diventa spesso protagonista di veri e propri concorsi settimanali: “Ad aprile è stata inaugurata la prima week competition, durante la quale l’intera azienda è stata divisa in team per fare brainstorming. Il gruppo che ha generato l’aumento di revenue maggiore ha vinto 10.000 dollari. L’idea avrebbe dovuto aiutare a portare più visitatori ad aggiungere un hotel al volo aereo prenotato.”
L’idea di fare brainstorming con tutto il team e indire dei veri e propri concorsi è sempre una buona idea. Alcuni hotel ad esempio lanciano concorsi per aumentare la brand reputation della struttura e premiano i collaboratori che sono più spesso citati nelle recensioni.
Questo è anche uno dei suggerimenti di Wirtz e Kaufman, i due professori che qualche mese fa hanno pubblicato un articolo sull’Harvard Business Review, su come rivoluzionare il livello del servizio in hotel: una delle metriche da tenere d’occhio quando si vuole dare una svolta al servizio dell’hotel è quella delle “nuove idee” e non c’è modo migliore di sfide e concorsi per generarne tante.
Hotel reputation: perché è fondamentale avere ottime recensioni su Facebook
27 dicembre 2016
Le più recenti statistiche dicono che il 95% dei viaggiatori legge recensioni online prima di fare le valigie. Di solito le recensioni più lette sono quelle di TripAdvisor o dei portali come Booking.com, ma non dobbiamo dimenticare che ci sono altri canali su cui la gente posta e legge i commenti: il primo e più importante resta Facebook.
Con Facebook Recommendations, una delle ultime novità introdotte dal social network, le recensioni degli hotel avranno sempre più peso.
Ecco perché uno dei buoni propositi per questo 2017 in hotel è sicuramente quello di incentivare i clienti a lasciare una buona recensione sulla vostra pagina Facebook.
Le recensioni di Facebook: forse le più attendibili online
Il primo motivo per cui è importante guadagnarsi una buona reputazione su Facebook è che le sue recensioni sono tra le più affidabili che si possano trovare online: per la maggior parte appartengono a profili con nome e cognome e non c’è il rischio dell’anonimato. Inoltre non possono essere né modificate né eliminate dai proprietari dell’attività.
Per chi ha una pagina Facebook dunque è fondamentale avere un buon numero di recensioni positive, oltre a un profilo curato.
Facebook Recommendations: ora gli amici possono raccomandare il vostro hotel
Facebook Recommendations è una novità che il social network sta testando in USA da metà ottobre: passata un po’ in sordina qui da noi, si prevede possa diventare un ottimo volano di visibilità per tutte le attività locali.
Come spiega il team di Faceboook sul blog ufficiale: “La gente, quando parte per un viaggio verso una destinazione sconosciuta, cerca un buon parrucchiere o dove mangiare, si rivolge già alla famiglia e ai gruppi di Facebook per un consiglio. Ecco perché stiamo sviluppando un nuovo strumento per rendere più semplice organizzare tutti questi consigli. Quando scrivi su Facebook un post per chiedere un’idea, avrai la possibilità di attivare la funzione Recommendations e i tuoi amici potranno commentare il post con suggerimenti organizzati su una mappa.”
In pratica, ogni volta un utente chiederà ai suoi contatti un’informazione relativa a un’attività locale, Facebook potrà generare in automatico una mappa con i luoghi consigliati dagli amici con il relativo link alla pagina.
Questo strumento non sarà solo utile alle persone, ma anche alle attività, perché darà alle pagine fan maggiore visibilità in modo del tutto gratuito.
Chiaro che, se le Recommendations di Facebook dovessero diffondersi a livello globale, ogni volta che qualcuno consiglierà il vostro hotel, voi dovrete assicurarvi di non deludere le aspettative.
Per farlo sarà necessario:
Ottimizzare la pagina fan con contenuti sempre aggiornati e un buon livello di interazione
Aumentare le recensioni della pagina per dimostrare l’apprezzamento da parte dei vostri ospiti
5 cose da sapere per posizionare l’hotel su Google nel 2017
28 dicembre 2016
Searchmetrics, una delle più note aziende SEO statunitensi, pubblica l’ultima edizione del suo Ranking Factors: un punto di riferimento importante per capire come investire per il posizionamento organico della vostra struttura ricettiva.
Come vedrete, le vecchie tecniche di posizionamento, non hanno più il peso di una volta. Adesso al centro di tutto ci sono i contenuti e soprattutto, gli utenti.
Il whitepaper che abbiamo scaricato dal sito ufficiale conta ben 63 pagine, ma per facilitarvi la lettura abbiamo pensato di riportare qui solo i punti salienti.
Come sempre, è doveroso ricordare che i fattori di Searchmetrics sono solo correlati al posizionamento, non sono causali. Questo significa che i risultarti nelle prime posizioni su Google sono caratterizzati dalla presenza di certi fattori in modo più marcato rispetto ad altri, ma non significa che questi fattori siano la causa del ranking nelle prime posizioni.
1 – Rilevanza dei contenuti e intento degli utenti al centro del posizionamento
“Lo scopo principale della SEO e di chi fa marketing online oggi è la creazione di contenuti rilevanti per rispondere all’intento dell’utente. Di solito, per contenuto rilevante intendiamo un contenuto in grado di dare una risposta a quanti più quesiti possibili e che affronti i più importanti aspetti dell’argomento. Questo è il modo in cui definiamo il contenuto olistico e comprensivo.”
Questo significa che, anche quando viene redatto un contenuto di approfondimento per l’hotel, è importante tenere conto di tutti i quesiti che si pongono gli utenti online in merito e cercare di dare una risposta esaustiva a quelli che potrebbero essere i dubbi dei vostri potenziali clienti.
È interessante notare che la presenza di certe keyword all’interno del testo non è più fondamentale: le pagine che si posizionano meglio hanno il 20% in meno di occorrenze rispetto allo scorso anno e non ci sono casi di keyword-stuffing. Questo perché Google non misura più la pertinenza della pagina in base alle precise parole chiave.
Persino i fattori di SEO on-site, come l’ottimizzazione dei meta tag (titolo, descrizione, h1) non hanno più l’importanza di una volta: Searchmetrics ha rilevato che solo il 53% dei top 20 URL include la keyword nel title della pagina.
2 – Sui fattori tecnici Google non transige
Anche se i vostri contenuti sono ben fatti e rilevanti, “è molto difficile raggiungere i vertici di Google se la pagina non è facilmente accessibile, facile da consultare e ottimizzata dal punto di vista tecnico.”
Ecco perché è fondamentale affidarsi a una agenzia web capace di realizzare per voi un sito veloce, funzionale e che rispetti alcune caratteristiche tecniche fondamentali, come il protocollo HTTPS (che garantisce la sicurezza dei dati), i link interni e la struttura mobile-friendly.
Unire alla rilevanza dei testi il rigore e la qualità tecnica del sito online è quindi essenziale per raggiungere un buon posizionamento.
3 – Il comportamento degli utenti dice a Google quanto è soddisfacente un contenuto
Per valutare la vera qualità di un contenuto, Google si affida ai comportamenti degli utenti in rapporto a quel contenuto: il CTR di una pagina, il tasso di rimbalzo, il tempo di permanenza sono indici fondamentali. Google trae questi dati dai propri risultati di ricerca, da Chrome, da Google Analytics e Android.
Secondo Searchmetrics le pagine che occupano la posizione 1-3 hanno un CTR medio del 36%, mentre il tasso rimbalzo per i risultati della prima pagina è in media del 46% e il tempo di permanenza nei top 10 URL è di 3 minuti e 10 secondi.
Se un utente dimostra di apprezzare una pagina o un sito, il contenuto per Google risulta rilevante. Ecco che quindi, ancora una volta, creare contenuti di qualità è la chiave giusta per accontentare gli utenti e i motori di ricerca.
4 – I backlink non hanno più il peso di una volta
I backlink – ossia i link che riceve un sito – sono ancora importanti ma non sono più da tempo gli unici fattori su cui Google basa il posizionamento. A seconda dell’argomento, ci sono siti che raggiungono i posizionamenti top di Google anche senza un gran numero di backlink di qualità.
Inoltre anche i backlink nofollow sembrano avere una buona correlazione con i risultati più in alto in classifica.
5 – I segnali sociali hanno una stretta correlazione con il posizionamento
“La correlazione tra i segnali sociali e il posizionamento è estremamente alta. Ciò riguarda tutti i social network”.
Certo è scorretto dire che molte condivisioni su Facebook o Twitter influenzano il posizionamento, ma Searchmetrics ci dice che le pagine nelle posizioni più alte delle SERP godono anche di grande apprezzamento sui social.
Questo ad esempio è il rapporto tra posizionamento e interazioni Facebook sulla pagina.
Conclusioni
Lo studio conferma che ad oggi, un contenuto rilevante allineato con l’intento dell’utente e tecnicamente ottimizzato, sembra essere il fattore di maggior valore in relazione al posizionamento.
Certo per un hotel non è sempre facile creare dei contenuti di alto livello per gli utenti. Per farlo, l’unico modo è mettersi nei panni dei vostri clienti e chiedervi: che contenuti cercano i miei potenziali clienti, quando e perché hanno bisogno di certe informazioni? È lo stesso motivo per cui qualche mese fa vi abbiamo consigliato di sfruttare il vostro sito per fugare i dubbi e rispondere alle domande più frequenti degli ospiti.
Per quanto ci riguarda, anche noi abbiamo constatato da molto tempo che investire in ottimi contenuti di approfondimento sul sito dell’hotel, è una delle attività che ripaga di più in termini di posizionamento, visite e conversioni.
Siamo d’accordo con quello che ha detto Giorgio Taverniti in un divertente video di qualche settimana fa: “La tendenza che sta prendendo sempre più piede è che i SEO adesso cooperano con i motori di ricerca per soddisfare i bisogni degli utenti.”
Se volete approfondire l’argomento, potete scaricare gratis i Ranking Factors dal sito di Searchmetrics.
Airbnb sigla un accordo con il gruppo Chateaux & Hotels: che cosa cambia per gli hotel?
22 dicembre 2016
Quando abbiamo intervistato Airbnb ad ottobre, abbiamo chiesto al suo portavoce se l’azienda non avesse in mente qualcosa per fare un accordo con le strutture alberghiere. Ci rispose che Airbnb è una piattaforma aperta e che qualunque professionista che abbracciasse la filosofia del portale sarebbe stato ben accetto, ma che di accordi non ce n’erano in previsione.
Qualcosa invece è cambiato, perché qualche giorno fa Airbnb ha siglato uno storico accordo con la catena alberghiera Chateaux & Hotels Collection e tra poco le 500 proprietà alberghiere compariranno su Airbnb.
Dico storico perché in effetti tutto ci saremmo immaginati tranne questo: in primo luogo perché la Chateaux & Hotels è una catena di lusso, i cui clienti non sembrano propriamente gli stessi di Airbnb; in secondo luogo perché per la prima volta in assoluto Airbnb ha fatto un accordo formale con degli hotel, cosa che in effetti stride con il modello di “sharing economy” su cui fonda le basi e la sua filosofia.
La catena Chateaux & Hotels, che appartiene al famoso chef Alain Ducasse, a quanto pare ha scelto Airbnb per avere la possibilità di vedere non solo camere alberghiere, ma anche vere e proprie esperienze. Difatti all’interno della nuova sezione di Airbnb Trips, la catena metterà in vendita cene ed esperienze enogastronomiche, ma anche corsi con bartender, di cucina gourmet e di cioccolato.
Airbnb dal canto suo ha soltanto dichiarato che si sente accomunato al nuovo partner dall’impegno di offrire agli ospiti esperienze uniche e locali grazie a persone e comunità con grande talento e capacità.
La verità è che questo accordo poterebbe aprire diversi scenari per gli hotel indipendenti e trasformare radicalmente il rapporto che hanno oggi con Airbnb.
Nuovi scenari per il rapporto tra hotel e Airbnb
Questa partnership tra una catena alberghiera e Airbnb potrebbe avere risvolti imprevisti: per l’hotel vendere su un portale come Airbnb significherebbe non avere alcun costo di commissione, poiché sono i clienti a pagare una fee al momento della prenotazione, ma anche avere la proprietà totale del contatto con il viaggiatore, con la possibilità di conoscerlo prima dell’arrivo, personalizzare meglio il suo soggiorno, tastare il terreno per futuri upselling.
A questo si potrebbe aggiungere la vendita di esperienze come quelle di Chateaux & Hotels, che permetterebbe alla struttura di aggiungere revenue ancillari e di farsi notare.
Certo non riesco a immaginare hotel con 100 camere che gestiscono prenotazioni su un canale indipendente che, almeno per ora, non è contemplato all’interno dei channel manager e che dunque deve essere gestito manualmente.
Per Airbnb avere le strutture alberghiere dalla sua parte potrebbe dare invece ulteriore slancio alla piattaforma, poiché l’arricchirebbe di soluzioni nuove e aprirebbe la sua presenza anche in zone non coperte dagli affitti privati.
Così facendo però, rischia di snaturalizzare il suo modello e rinnegare quella diversità di cui ha fatto un vessillo. Altrimenti rischierebbe di diventare solo un’altra OTA.
Voi come vedete una possibile partnership tra hotel e Airbnb, vendereste le vostre camere su Airbnb?
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